giovedì 9 novembre 2006

L' uomo di Apricena rilancia la sfida della cultura come impresa

Che sarebbe successo se "l'uomo di Apricena", il più antico abitatore d'Europa, fosse stato scoperto non nelle plaghe della Capitanata, ma - poniamo il caso - a Rimini? Potete giurarci: sarebbe stato già realizzata una Mostra permanente, con annesso Parco di divertimenti e giacché ci siamo (non guastano mai) una discoteca e un paio di ristoranti paleontologici.
Altrove, le scoperte archeologiche e la valorizzazione dei beni culturali hanno fatto la fortuna di territori in possesso di beni anche di minore consistenza rispetto a quelli Dauni. Qui da noi, invece, l'ipotesi di uno sviluppo culturale in grado di produrre anche un ritorno di natura economica ed occupazionale resta ancora un sogno.
Il relativo disinteresse con cui è stato accolto il clamoroso annuncio fatto a Lisbona da una equipe di ricercatori sulle prime tracce di presenza umana, in Europa, rinvenute nei pressi di Apricena, è una evidente testimonianza che la cultura non scalda più di tanto la classe dirigente, anche quando potrebbe propiziare ricadute positive sul territorio.
La scoperta dell'uomo di Apricena è l'ultima di una serie di annunci e di notizie che hanno portato qualcuno a definire la provincia di Foggia un'autentica terra promessa per l'archeologia: basti ricordare le recenti scoperte dell'archeologo Giuliano Volpe ad Ascoli Satriano, gli ipogei di Trinitapoli o le campagne di scavo condotte nei pressi di Siponto, per far tornare alla luce le tracce della pressoché sconosciuta città medievale.
Piccoli tesori che vanno ad aggiungersi ad altri noti da tempo, di valore inestimabile, come Grotta Paglicci a Rignano Garganico (che attende ormai da decenni la realizzazione di un museo), le Stele Daunie custodite nel Museo Nazionale di Manfredonia o gli "exultet" del Tesoro della Cattedrale, da poche settimane resi disponibili alla pubblica fruizione, grazie ad un finanziamento concesso dalle fondazioni bancarie.
I primi dati sull'affluenza dei visitatori a Troia sono incoraggianti, anche se non entusiasmanti, ed è una conferma che la cultura produce ritorni in termini economici ed occupazionali quando si innesta in un "sistema", che purtroppo è del tutto carente, in provincia di Foggia.
Recenti studi condotti sul Tavoliere, grazie al ricorso di tecniche di indagini aeree, hanno permesso di stabilire che c'è anche un immenso patrimonio in attesa di essere scoperto e valorizzato. Nel Subappennino, gli scavi condotti per la realizzazione delle pale eoliche hanno permesso di ritrovare reperti preziosissimi.
Però mancano investimenti per riportare alla luce e valorizzare adeguatamente questo tesoro. L'Università fa quel che può (ed è già moltissimo), gli enti locali dedicano all'archeologia risorse marginali (sagre e spettacoli offrono una maggiore visibilità), è del tutto assente l'impresa privata che invece, per le ragioni che abbiamo diffusamente esposto prima, sarebbe forse il soggetto maggiormente interessato ad investire nel settore.
Il peggio è che non solo non si riporta alla luce quanto è ancora sepolto dal tempo, e non si valorizza adeguatamente il patrimonio esistente. Si fa molto poco anche per la tutela di quanto esiste. È di qualche mese fa l'accorato appello di archeologi ed intellettuali al Comune di Foggia per salvare la Tomba della Medusa, che - oggetto di lavori di recupero - era stata completamente abbandonata a se stessa, dopo il fallimento dell'impresa appaltatrice.
Eppure, proprio l'eccezionale ritrovamento di Apricena potrebbe contribuire ad aprire un nuovo capitolo nella gestione e valorizzazione dei beni culturali. Sarà la volta buona?

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