Ironia della sorte, conseguenza di un destino cinico e baro? Forse no. Forse non è soltanto una coincidenza che Foggia sia costretta a difendere con i denti due luoghi simbolici della sua storia e del suo passato, come la stazione ferroviaria, che si vorrebbe “bypassare” nel progetto dell'alta capacità ferroviaria, e come la Caserma Miale, che non ospiterà più la scuola di polizia, soppressa per decreto ministeriale.
Due luoghi topici e storici le cui vicende si sono sovente intrecciate, fino al momento più drammatico della storia foggiana, il 31 maggio del 1943 e poi il 22 luglio,, quando la città fu martoriata dal più terrificante bombardamento alleato in Italia dell'ultimo conflitto bellico. La stazione fu del tutto distrutta, assieme a due terzi dell'abitato e a ventiduemila foggiani, molti dei quali avevano cercato scampo dalle bombe proprio nel sottopassaggio della stazione. Fino ad allora era stato un sicuro ricovero, ma non quel giorno, quando venne invaso dal fiume di fiamme che si era sprigionato dopo che era stato colpito un treno adibito al trasporto di carburante. Dalla “Miale”, allora adibita a Caserma di fanteria, quando tutto quell'orrore finalmente finì, uscirono i soldati che recarono i primi soccorsi ad una popolazione decimata e ad una città sventrata.
La lettura della storia dà purtroppo anche il senso d'una geografia che cambia. La stazione foggiana era stata inaugurata il 9 novembre del 1863 dal re in persona, Vittorio Emanuele II, a completamento della ferrovia Ancona – Foggia. Allora le opere si realizzavano cominciando dal Nord, e la stazione di Bari non esisteva ancora. Dopo la tragica estate del 1943, fu ricostruita a tempo di record, in appena otto anni: la nuova stazione ferroviaria venne inaugurata il 31 maggio del 1951. È appena il caso di ricordare che Foggia versò il suo immane tributo alla guerra proprio a causa della funzione nevralgica e strategica del suo nodo ferroviario. Una funzione, purtropp, ignorata e disattesa dalle nuove geografie sancite dalla Regione e dalla protervia di un capoluogo regionale che ha costruito la sua “baricentricità” proprio a scapito della Puglia settentrionale.
La crisi di due luoghi sacri della memoria cittadina segnala, però, anche una crisi d'identità della città, è un amaro indizio di declino, che getta un inquietante presagio sul suo futuro. C'è chi dice che è da provinciali battersi per conservare a tutti i costi quel che c'è. Forse è così, e forse è giusto, come si dice, imparare a pensare in termini di progetto. Ma nessun futuro è possibile recidendo i legami con il passato, con la memoria.
martedì 21 novembre 2006
Il destino di una città: fare i conti con la propria storia
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