martedì 21 novembre 2006

Il destino di una città: fare i conti con la propria storia

Ironia della sorte, conseguenza di un destino cinico e baro? Forse no. Forse non è soltan­to una coincidenza che Foggia sia costretta a difendere con i denti due luoghi simbolici della sua storia e del suo passato, come la stazione ferroviaria, che si vorrebbe “bypas­sare” nel progetto dell'alta capacità ferroviaria, e come la Caserma Miale, che non ospi­terà più la scuola di polizia, soppressa per decreto ministeriale.
Due luoghi topici e storici le cui vicende si sono sovente intrecciate, fino al momento più drammatico della storia foggiana, il 31 maggio del 1943 e poi il 22 luglio,, quando la città fu martoriata dal più terrificante bombardamento alleato in Italia dell'ultimo conflitto bellico. La stazione fu del tutto distrutta, assieme a due terzi dell'abitato e a ventiduemila foggiani, molti dei quali avevano cercato scampo dalle bombe proprio nel sottopassaggio della stazione. Fino ad allora era stato un sicuro ricovero, ma non quel giorno, quan­do venne invaso dal fiume di fiamme che si era sprigionato dopo che era stato colpito un treno adibito al trasporto di carburante. Dalla “Miale”, allora adibita a Caserma di fanteria, quando tutto quell'orrore finalmente finì, uscirono i soldati che recarono i primi soc­corsi ad una popolazione decimata e ad una città sventrata.
La lettura della storia dà purtroppo anche il senso d'una geografia che cambia. La stazione foggiana era stata inaugurata il 9 novembre del 1863 dal re in persona, Vittorio Emanuele II, a completamento della ferrovia Ancona – Foggia. Allora le opere si realiz­zavano cominciando dal Nord, e la stazione di Bari non esisteva ancora. Dopo la tragica estate del 1943, fu ricostruita a tempo di record, in appena otto anni: la nuova stazione ferroviaria venne inaugurata il 31 maggio del 1951. È appena il caso di ricordare che Foggia versò il suo immane tributo alla guerra proprio a causa della funzione nevralgica e strategica del suo nodo ferroviario. Una funzione, purtropp, ignorata e disattesa dalle nuove geografie sancite dalla Regione e dalla protervia di un capoluogo regionale che ha costruito la sua “baricentricità” proprio a scapito della Puglia settentrionale.
La crisi di due luoghi sacri della memoria cittadina segnala, però, anche una crisi d'identità della città, è un amaro indizio di declino, che getta un inquietante presagio sul suo futuro. C'è chi dice che è da provinciali battersi per conservare a tutti i costi quel che c'è. Forse è così, e forse è giusto, come si dice, imparare a pensare in termini di progetto. Ma nessun futuro è possibile recidendo i legami con il passato, con la memoria.

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