domenica 5 novembre 2006

Inchiesta: SFIR, perchè hanno perso tutti

Alla fine, hanno perso tutti. Hanno perso, soprattutto, il mondo del lavoro che perde 12° unità e l’economia dauna che vede sfumare un altro dei suoi gioielli di famiglia. Il mancato accordo sulla delocalizzazione dello stabilimento SFIR di Incoronata a Manfredonia apre le porte alla migrazione dell’ex zuccherificio in altre città pugliesi di mare: Barletta, Brindisi o Taranto, secondo quanto ha affermato il presidente del gruppo, Mario Riciputi. Però resta un certo amaro in bocca, perché non si è riusciti ad impedire che la situazione precipitasse, giungendo al punto morto del muro contro muro che ha opposto gli amministratori di Manfredonia alle altre istituzioni, ed ai sindacati. Forse si sarebbe dovuto aprire prima il confronto con l’azienda, un confronto sul piano industriale su cui per troppo tempo non si è detta la verità, e cioè che non si trattava soltanto di un nuovo zuccherificio orientato alla lavorazione di canna da zucchero, ma anche, soprattutto di una centrale elettrica a biomasse.
È mancata l’informazione, è mancata la necessaria cabina di regìa, si sono accettate verità che erano solo mezze verità, quando sarebbe stato necessario aprire un confronto con l’azienda subito dopo l’approvazione dell’OCM zucchero, perché era apparso subito chiaro che il nuovo regime bieticolo europeo tagliava fuori lo stabilimento di Foggia. In questa nostra inchiesta cerchiamo di fare appunto questo, di comprendere la storia della chiusura dello stabilimento di Foggia alle luce delle più complessive strategia nazionali del gruppo SFIR.
Bisogna, prima di tutto, partire da un dato: per la SFIR, la delocalizzazione dello stabilimento di Incoronata rappresenta una necessità: per accedere alle provvidenze comunitarie e per salvare il bilancio aziendale che si è chiuso al 31 dicembre dello scorso anno, con una perdita di circa 6 milioni e 800mila euro. L’indebitamento complessivo è di quasi 120 milioni di euro, a fronte di un capitale investito di circa 156 milioni e un patrimonio di 37 milioni. Dati allarmanti, il cui risanamento passa per la ristrutturazione delle attività del gruppo.
La storia di questa crisi è raccontata con nitidezza nella relazione della società di revisione del bilancio della SFIR, la Deloite e Touch Spa, che esprime un giudizio sostanzialmente positivo sulle possibilità di ripresa dell’azienda, subordinandolo, però, all’attuazione dei progetti di ristrutturazione in corso.
La relazione della Deloite e Touch parte dalla riforma del settore saccarifero sancita dall’OCM (Organizzazione Comune di Mercato) per lo zucchero, ricordando che l’obiettivo della riforma è quello di arrivare ad un forte ridimsnionamento della produzione bieticolo-saccarifera in Europa, per raggiungere il quale sono stati modificati i presupposti regolamentari che garantivano la sostenibilità al mercato (scoraggiando, dunque, la produzione) ed è stato introdotto un regime temporaneo di aiuti per la ristrutturazione del settore. Tale regime prevede, per quanto riguarda gli aspetti industriali, la rinuncia della quota di produzione assegnata ed il sostegno finanziario da parte dell’UE dei progetti di riconversione. È, in sostanza, quanto ha fatto la SFIR per Foggia e per altri due stabilimenti del gruppo. La “ragionevole certezza” dell’incasso delle provvidenze comunitarie – positivamente valutata comunque dalla società di certificazione del bilancio – è la base del risanamento del bilancio.
“Gli effetti della riforma – si legge nella relazione – avranno come conseguenza il significativo ridimensionamento dell’attività nel settore saccarifero e l’avvio di nuove attività industriali, che saranno in parte finanziate anche attraverso i previsti aiuti. I piani previsti ed approvati dalla Società per le attività residue nel settore saccarifero e per le nuove attività prevedono il superamento dell’attuale situazione di perdita e sufficienti flussi di cassa per il riequilibrio economico e finanziario, che ne permettano la continuità aziendale.”
Si capisce chiaramente anche da questo, quanto sia importante per la SFIR la partita che si sta giocando in Puglia.
L’altro dato importante, riguarda la natura del piano industriale. Si è parlato per troppo tempo, a sproposito, di un altro zuccherificio che sarebbe sorto a Manfredonia, per la lavorazione della canna da zucchero. Per la cronaca, la scelta dell’area portuale era stata determinata proprio dalla necessità di consentire un attracco vicino alla materia prima, che verrà importata dall’esterno.
Ma in realtà, visto che la produzione dello zucchero da canna è solo una parte del business che la SFIR intende realizzare, si poteva forse affrontare diversamente il problema della riconversione. Un documento tecnico di analisi dei piani di riconversione presentati dalle industrie saccarifere all’indomani dell’OCM zucchero, pubblicato dal Corriere Agricolo, prendendo in esame il progetto per Foggia non parla minimamente di nuovo zuccherificio, ma direttamente di “centrale”, avanzando, peraltro, forti dubbi sulla possibilità di reperire in loco la materia prima necessaria: “Per quanto riguarda la centrale progettata dalla SFIR a Foggia non sembra essere stata valutata appieno la possibilità di reperimento in zona delle biomasse di scarto considerate (paglia da cereali, sansa esausta) tenuto conto degli usi alternativi di tali residui agricoli, consolidati a livello pugliese (bruciatura delle stoppie in campo, impianti termici a sansa nei frantoi e presso privati).”
In realtà, per tutti gli stabilimenti coinvolti nel progetto di riconversione industriale, l’azienda punta ad una considerevole riconversione dei propri obiettivi industriali. Negli altri due stabilimenti si punta alla produzione di bioetanolo e di ecodiesel. L’azienda ha scelto la realizzazione delle centrali a biomasse nelle situazioni più critiche, per esempio a San Pietro in Casale, in provincia di Bologna, per il cui stabilimento era già stata decisa la chiusura. Va detto che San Pietro in Bologna non sta sul mare, e che forse avrebbero potuto essere prese in considerazione per l’impianto foggiano, ipotesi di delocalizzazione non così critiche dal punto di vista ambientale.

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